“Bisogna “abitare i social, la tv, la carta stampata proponendo il bene, cose buone: sono convinto che il bene fa bene e convince”, con queste parole l’arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, ha invitato la stampa a impegnarsi per un giornalismo di qualità. “Il buon giornalismo deve favorire relazioni, non contrapposizioni dialettiche. – continua l’arcivescovo – Per esprimere un giornalismo di pace è necessario tuttavia esporsi, se davvero si vuole difendere il bene comune, che non è mai gratuito e a buon mercato”.
Occorre contrastare le fake news e andare a fondo alle questioni. “Le informazioni tendenziose e ideologicamente orientate, come ad esempio quelle che individuano nei profughi il capro espiatorio di tutti i mali d’Europa, sono deboli. Soprattutto non sono un aiuto a comprendere la realtà nella sua verità più profonda”. Lo ha affermato mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, all’incontro dal titolo “Il futuro dell’informazione, i giornalisti di domani” organizzato all’Istituto dei ciechi dall’Ufficio Comunicazioni sociali della diocesi, in collaborazione con Ucsi Lombardia in occasione della Festa del Patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione San Francesco di Sales.
“Se la comunicazione si riduce a essere un prodotto da vendere, è logico che il prodotto sarà banale, – continua l’arcivescovo di Milano – ma se l’informazione è un bene comune, cioè contribuisce al bene di stare insieme, reagendo alla particolarizzazione e al farsi la guerra, favorendo una società pacifica, deve essere fatto da persone che sanno comunicare. La competenza non è soltanto una tecnica, perché un mestiere, come servizio al bene comune, deve farsi consapevole di cosa sia questo bene. Per questo incoraggio le Scuole di Giornalismo, nelle quali occorre integrare la parola competenza con la coscienza”.
A chi vuole intraprendere la carriera di giornalista lancia un messaggio di speranza ricordando l’esempio dei padri che, nel secondo dopoguerra, seppero darsi da fare, trasformando la fisionomia, ad esempio, del Varesotto di cui egli è originario. “La società e la politica, le Istituzioni italiane devono preoccuparsi di dare lavoro e di mettere a punto le professionalità, ma anche voi dovete darvi da fare, producendo qualità e ponendola sul mercato. Non pensate che, appena finite l’Università, avrete una scrivania e scriverete un articolo memorabile. Sviluppate piuttosto quella intraprendenza – tipica delle nostre terre -, intelligente e sobria che non si aspetta subito il guadagno, ma che crede nelle sue risorse e cerca di metterle a frutto. Siete giovani, bravi, intelligenti, preparati bene: cercate di cambiare questo mondo”.