5 gennaio 1944: alla Franco Tosi gli scioperi che porteranno la deportazione dei sindacalisti. Per non dimenticare

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Vogliamo ricordare i loro nomi: Carlo Ciapparelli, Pericle Cima,  Alberto Giuliani. Carlo Grassi, Francesco Orsini, Angelo Santambrogio, Ernesto Luigi Venegoni, Antonio Vitali.  Solo Paolo Arturo Cattaneo e Natale Morandi che riuscirono a far ritorno a casa.

Sono passati 80 anni, ma il ricordo di quei giorni non sbiadisce. Era il 5 gennaio 1944. Alla Franco Tosi si stava trattando per l’equiparazione dei salari a quelli di altri stabilimenti lombardi, per l’aumento della razione di pane e per la mensa. Lì si producevano turbine, tra impiegati ed operai si arrivava a 5mila assunti.

“La mattina del 5 gennaio gli operai della Franco Tosi si raccolgono nel corrile per parlare della loro lotta, e, una volta saputo della totale chiusura della direzione aziendale a trattare, occupano gli uffici dei dirigenti. Del fatto viene immediatamente informato il generale delle SS, Otto Zimmermann, cui è stata affidata la repressione degli scioperi nell’Alta Italia. Nel pomeriggio dello stesso giorno due camion pieni di SS varcano il cancello della Franco Tosi. Nel piazzale centrale, intanto, si sono radunati migliaia di operai, mentre reparti fascisti si collocano all’esterno della fabbrica a presidiare gli ingressi”, racconta Cristina Pecchioli in un articolo sulla storia di quei giorni.

“Le SS scendono dai camion e puntano le mitragliatrici contro i manifestanti. Con un altoparlante ordinano ai lavoratori di ritornare in fabbrica. Nessuno si muove. Il comandante ordina di fare fuoco ma le raffiche fortunatamente non fanno né morti né feriti. Subito dopo scatta la caccia ai rappresentanti sindacali e ai lavoratori antifascisti più noti. I tedeschi sperano, infatti, di mettere fine agli scioperi iniziati nel marzo dell’anno precedente e che stanno “sconvolgendo” il Nord del paese. Vengono arrestati una sessantina di lavoratori e portati nel carcere di San Vittore. Nella notte reparti tedeschi e fascisti arrestano anche alcuni antifascisti legnanesi. Alla fine vengono trattenuti nove lavoratori, quasi tutti appartenenti alla Commissione Interna, che vengono mandati prima a Fossoli, poi, l’11 marzo del ’44, a Mauthausen, dove vengono classificati come prigionieri politici. Sette di loro muoiono di fame, lavoro forzato e malattie”.

Vogliamo ricordare i loro nomi: Carlo Ciapparelli, Pericle Cima,  Alberto Giuliani. Carlo Grassi, Francesco Orsini, Angelo Santambrogio, Ernesto Luigi Venegoni, Antonio Vitali.  Solo Paolo Arturo Cattaneo e Natale Morandi che riuscirono a far ritorno a casa.

I loro nomi non sono stati dimenticati.

 

 

 

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