Gli ultimi mesi di crisi finanziaria e crolli in borsa hanno colpito duramente anche le Fondazioni bancarie, e con esse il sostegno che negli ultimi anni questi soggetti, privati e non profit, erano riusciti a garantire ai loro territori di riferimento. È emersa chiaramente, nell’ultimo periodo, la difficoltà che oggi le 88 Fondazioni italiane incontrano nell’attivare nuovi bandi per l’erogazione di contributi alle attività di interesse collettivo. Una recente analisi di «CorrierEconomia», poi, mette in luce le cause di questa situazione e conferma quanto la crisi abbia pesato sugli stati patrimoniali delle 12 maggiori Fondazioni del nostro Paese. Semplificando molto, le Fondazioni vivono del rendimento delle partecipazioni che hanno nelle loro banche conferitarie, cioè quelle da cui le Fondazioni stesse erano state generate, in seguito alla legge AmatoCarli che, giusto vent’anni fa o poco più, trasformò le originarie Banche del Monte e le Casse di risparmio. Fu allora che vennero separate l’attività creditizia e quella filantropica: la prima fu affidata alle aziende bancarie e la seconda, appunto, alle Fondazioni collegate. Ebbene, secondo lo studio di «CorrierEconomia» oggi queste Fondazioni, a causa del crollo delle quotazioni delle banche, stanno subendo una perdita stimata di 10 miliardi sul valore di bilancio di queste loro partecipazioni. All’interno di questo dato, naturalmente, ci sono singole realtà che risultano molto diverse fra loro: se Carimonte Holding, che fa capo a Unicredit, e la Fondazione Carige dimostrano di stare ancora bene, segnali molto più preoccupanti si scorgono se si guarda a Cariverona e Fondazione Monte dei Paschi di Siena. La prima, ad esempio, registra una perdita teorica dell’80% sul valore delle azioni Unicredit, perdita che assorbe oltre il 60% del suo patrimonio netto; Fondazione Monte dei Paschi invece sta perdendo, sulla sua banca, il 57%, con l’aggravante di avere 760 milioni di debito, di cui 600 dovuti alla sottoscrizione per l’aumento di capitale della banca. Perché è proprio da qui, poi, che si genera un pericoloso circolo vizioso: le banche, oggi, hanno anche l’urgente problema di ricapitalizzarsi, come richiesto dai requisiti di Basilea 3, e ora chiedono alle Fondazioni stesse di finanziare i necessari rafforzamenti patrimoniali. Non solo, quindi, il rubinetto che portava risorse dalle banche alle Fondazioni dal 2008 in poi si è chiuso, ma gli ultimi tracolli economici hanno addirittura fatto sì che il flusso iniziasse a invertirsi: sono le Fondazioni, oggi, a dover mettere mano al portafogli per assicurare un futuro alle loro banche. È definitivamente archiviato, dunque, quel ciclo positivo che dall’inizio del nuovo millennio aveva visto le Fondazioni aumentare in modo
Analisi dello stato di salute degli Istituti mutualistici delle banche tradizionali. Anche per loro il momento non è per nulla roseo.
Cali di cassa e crescita nulla alla base dei problemi degli Istituti