“La responsabilità e l’impatto che un’azienda ha sul territorio”: così potremmo definire la responsabilità sociale d’impresa o, più semplicemente, potremmo parlare di lungimiranza. Che significa: saper osservare la comunità circostante, le difficoltà che l’attanagliano e i possibili spiragli per uno sviluppo, investire nel territorio con la consapevolezza che la crescita che ne deriva porterà con sé anche quella aziendale. Questi concetti, da alcuni anni, trovano spazio all’interno di trattati e studi economici, ma soffermandoci sulla realtà di Villa Cortese si resta colpiti da chi, quasi un secolo fa, aveva già realizzato opere per la valorizzazione del territorio e la soluzione dei problemi locali. L’azienda Ferrazzi – Cova, divenuta Fondazione alla morte del fondatore (1938), affonda le sue origini nel lontano 1893, quando Francesco Ferrazzi acquistò i “beni fino ad allora avuti in affitto”. L’agricoltore-imprenditore ha dedicato tutta la sua vita alla terra e al lavoro nei campi, cercando soluzioni che rendessero il lavoro più semplice e meno faticoso e lo elevassero dal rango di attività di pura sussistenza. Alla sua morte Ferrazzi volle che tutto il patrimonio fosse affidato, quale esecutore delle sue volontà, al Comune di Busto Garolfo, che allora inglobava Villa Cortese. L’“esecutore” doveva impegnarsi a fondare una scuola teorico-pratico di agricoltura, con sede a Villa Cortese, nei terreni e nelle cascine totalmente a lui devolute. La Fondazione, che opera senza scopo di lucro da 77 anni, ha mantenuto costante l’impegno e l’interesse per l’attività di diffusione del sapere in agricoltura e l’istruzione tecnico-culturale con lo scopo di migliorare le condizioni di tutti coloro che operano in agricoltura. Il consiglio d’amministrazione, oggi composto da sette membri –tre dei quali, come voluto da Ferrazzi, cittadini di Villa Cortese– ha ben chiaro lo scopo della Fondazione e il presidente, Bruno Dell’Acqua, sottolinea: «La Fondazione vuole salvaguardare le tradizioni e la cultura agricola applicando modalità colturali e tecniche innovative; si tratta di progredire e crescere sviluppando nuovi settori e nuovi metodi. Vogliamo salvaguardare il territorio creando nuove opportunità per i giovani». Inizialmente la Fondazione operava per preservare e migliorare le tecniche e le condizioni in cui vivevano gli agricoltori locali, condizioni determinate da: scarsità d’acqua, terreni non fertili, malattie e epidemie batteriologiche, oltre alla concorrenza straniera. Per far tutto questo Ferrazzi volle creare un Istituto Agrario che offrisse ai giovani la possibilità di apprendere, sia teoricamente sia manualmente, le migliori tecniche agrarie, lavorando nelle proprietà agricole da lui messe a disposizione. L’attività della Fondazione nel corso di questi anni è ulteriormente cresciuta. All’agricoltura, praticata negli appezzamenti che si estendono in otto comuni limitrofi, si sono aggiunti nuovi settori produttivi come l’allevamento di bovini, la viticultura, la produzione di vini, la produzione di energia elettrica grazie all’installazione di diversi impianti fotovoltaici (anche di tipo sperimentale dove sono confrontate le tre diverse tipologie di pannelli in silicio) e, l’ultimo traguardo nel 2013, la realizzazione di una centrale di produzione di energia da biogas, originato, per gran parte, dalla trasformazione di sottoprodotti agricoli. Le dimensioni della Fondazione sono rimaste invariate, il personale è costituito da un nucleo di dipendenti, cui si aggiungono periodicamente collaboratori esterni nei periodi di raccolto e vendemmia.
La Fondazione, gestendo al meglio il patrimonio, opera attraverso la sua Società Agricola –ora guidata da Alessandro Ubiali– e secondo una logica di differenziazione del prodotto. «L’intento è creare una microeconomia; non vogliamo essere “mono specialistici”. La nostra è un’azienda orticola, cerealicola, zootecnica, frutticola, vitivinicola ed energetica» afferma Renato Arienti, direttore tecnico della Fondazione. Una strategia dibusiness che fa fronte alla situazione di costante incertezza del mercato e ai sempre maggiori controlli imposti. Differenziare la produzione si è rivelato fondamentale sia per una ragione istituzionale –proseguire la storica collaborazione con l’Istituto Tecnico Agrario Statale G. Mendel e permettere ai futuri operatori del settore di sperimentare l’attività agricola, anche attraverso degli stage effettuati presso l’azienda– sia per far fronte a momenti di calo della domanda o di cattiva produzione. «Se un settore non dovesse produrre a sufficienza si potrebbe sopperire a tale calo con le altre aree di produzione» prosegue il direttore Arienti. Per raggiungere una maggiore autonomia la Fondazione nel 2013 ha investito un significativo capitale nella creazione di una piccola centrale di produzione di energia da biogas. Uno degli obiettivi di questa continua espansione e ricerca di autosufficienza è di essere un esempio per le realtà locali del settore agricolo e allo stesso tempo educare le persone alla valorizzazione dei prodotti tipici facendone comprendere le qualità intrinseche. Questa multi settorialità, abbinata a una gestione attenta, ha permesso alla Fondazione di superare questi ultimi anni critici. Precisa il presidente: «Il mondo agricolo, settore primario della catena economica, ma anche alimentare, è sempre penalizzato; le piccole realtà tendono a rimetterci. Possono sopravvivere o i grandi nuclei familiari, con una gestione interna del patrimonio, o le grandi imprese». In seconda battuta, a influenzare un settore che vive una congiuntura molto complessa, vi è la questione che i prezzi dei prodotti agricoli sono condizionati dai mercati mondiali e vengono imposti ai produttori (basti pensare che i prezzi dei cereali sono determinati dall’andamento della Borsa di Chicago). La Fondazione ha però cercato ulteriori possibilità di sviluppo, abbattendo una parte dei costi portando all’interno alcuni processi di trasformazione. Ma di fronte a un tale impegno verso il territorio e la realtà locale è inevitabile confrontarsi con le istituzioni; infatti tutte le attività produttive, per poter essere esercitate, abbisognano di certificazioni e permessi. Bruno Dell’Acqua, presidente della Fondazione, aggiunge: «Sebbene questa affermazione sembri paradossale, mi sento di dire che per i buoni coltivatori e i buoni allevatori la burocrazia può diventare una difesa per i loro prodotti di qualità, soprattutto per proteggerli dalla contraffazione alimentare sempre più diffusa. Queste certificazioni aiutano a creare consapevolezza e sicurezza nei consumatori, sulla qualità del prodotto; elemento per noi fondamentale». Tra le istituzioni con cui la Fondazione, ancora oggi, collabora vi è la Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate. Due diverse realtà con un’unica finalità di intenti e visione: valorizzare il territorio per favorirne lo sviluppo. «Come la fondazione anche la BCC è vicina ai problemi aziendali e del mondo contadino (tanto è vero che la sua prima denominazione sociale era Cassa Rurale ed Artigiana) e ci sostiene da sempre; siamo suoi soci e correntisti. La Banca, esaminati il progetto della centrale e tutta la documentazione necessaria, ci ha aiutato finanziandoci nella costruzione dell’impianto a biogas» precisa il presidente. La Fondazione Ferrazzi Cova è un ente che, al momento, gode di buona salute e vanta una pluralità di progetti finalizzati alla valorizzazione e promozione delle loro piccole eccellenze territoriali. Ma cosa c’è nel suo futuro? Il presidente e il direttore sono consapevoli che sia necessario rafforzare le attività commerciali e la specializzazione. Infatti, tra gli obiettivi, con la dovuta prudenza e cautela, dichiarano di voler aprire uno spaccio aziendale nel quale vendere i prodotti da loro raccolti direttamente ai consumatori, eliminando gli intermediari: il così detto “chilometro zero”. «Pensando ancora più in grande ci piacerebbe introdurre la produzione di birre artigianali. L’idea nasce dalla considerazione che è una nicchia di mercato ancora poco sviluppata nel nostro territorio. Vorremo essere un esempio e far comprendere che ci sono grosse potenzialità ancora inespresse per tutti coloro che credono nella terra e nei suoi prodotti»
Ferrazzi: storia di un uomo lungimirante
Francesco Ferrazzi nacque nel 1849, terzo erede di una famiglia che gli permise di dedicarsi agli studi e all’attività agricola. Nel 1876 Francesco prese in affitto alcuni possedimenti nel territorio di Villa Cortese e tre anni dopo sposò Luigia Cova; dal matrimonio nacquero due figli, deceduti prematuramente. Ferrazzi dedicò tutta la sua vita all’attività agricola, tanto che nel 1893 acquistò le proprietà fino ad allora avute in affitto. In quegli anni la vita contadina non era semplice; le difficoltà erano costanti: le epidemie che danneggiavano il raccolto, scarsità d’acqua e importazione di prodotti a prezzi più bassi. Gli anni a cavallo del 1900 furono caratterizzati da importanti cambiamenti come l’introduzione della corrente elettrica, dei concimi chimici e di nuovi macchinari. Ferrazzi fu parte attiva in questi processi di innovazione nel territorio locale. Si impegnò in una trasformazione fondiaria ed edilizia e fu attivo sull’intero territorio contribuendo significativamente alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale, non solo a Villa Cortese ma anche nella piccola frazione di Olcella, dove fece costruire la casa per il sacerdote e un istituto in cui tenere le lezioni scolastiche ai figli dei contadini. Nel 1930 Luigia Cova si spense nel cordoglio generale. Dopo la scomparsa dei due figli e nell’impossibilità di averne altri, Luigia si era dedicata a Giuseppe Stefanetti, un orfano residente a Villa Cortese, e aiutò il marito facendo da tramite tra lui e coloni. Nel 1933, assistito dalla nipote Pia Cova, anche Francesco si spense. Quest’uomo, che anche negli ultimi mesi della sua vita rimase fortemente legato alla terra e che nella vita ha ben compreso quanta fatica richiedesse tale lavoro, a testamento dispose che fosse nominato esecutore il Comune di Busto Garolfo (allora Villa Cortese ne era una frazione); pose inoltre il vincolo che si creasse una Fondazione, proprietaria di tutti i suoi beni, con il fine primario di promuovere l’insegnamento tecnicopratico nel settore agricolo attraverso l’istituzione di una scuola gratuita per i figli dei contadini. Il suo desiderio è stato realizzato e, a ottant’anni dalla fondazione, la Scuola Ferrazzi – Cova continua a perseguire i desideri del suo fondatore.