Crisi: l’unione aiuta la ripresa

Bisogna riconoscere che, a due anni e mezzo dal crack, la normalità è ben lungi dall’essere tornata. La crisi ha decretato che chi non sceglie la strada dell’innovazione non avrà futuro. Per liberarsi in fretta da questo stallo bisogna imparare a fare sistema

Riforme al sistema e revisione del modello aziendale, ossia una mossa dall’alto e una dal basso, ma anche una nuova missione da gestori d’impresa per la banca, come antidoto agli strascichi della crisi, quella dopo la quale –qualcuno aveva detto– nulla sarà più come prima. E bisogna riconoscere che, a due anni e mezzo dal crack, la normalità è ben lungi dall’essere tornata. Come siamo finiti nel budello? Ma soprattutto, come se ne esce? Visto che, ammettendo la fine della crisi, ancora non si registra l’inizio della ripresa. Noti i fatti a livello planetario, con i mostri della finanza sbattuti in prima pagina e la metamorfosi della crisi, dalle astruserie della finanza alla concretezza dell’economia, cosa si è prodotto a casa nostra? «In banca le avvisaglie della crisi si sono presentate nell’ultimo trimestre 2008 –ricorda il presidente Roberto Scazzosi– con gli indicatori andamentali anomali. L’operatività dei clienti, soprattutto delle aziende, risultava alterata; i pagamenti rallentavano, quando non si trattava di veri e propri insoluti. Gli utilizzi segnavano rialzi e si moltiplicavano le richieste dei clienti di trasformare i propri impegni da breve a medio-lungo termine. E nelle banche crescevano le sofferenze». A quel punto la crisi era già stampata sulla pelle del mondo produttivo, che, variegato come si presenta nel nord ovest, non reagisce in modo uniforme. «A farne le spese sono state, su tutte, le piccole e medie realtà, attive quasi soltanto sul mercato interno –nota il vicepresidente Mauro Colombo–. Una situazione, questa, che si è riversata sull’indotto. Prima il calo degli ordinativi, poi quello dei fatturati, uniti alla mancanza di liquidità che è un male di tante società poco capitalizzate ha portato chi a chiudere chi a rallentare. Questa crisi ha decretato una volta per tutte che chi non sceglie la strada dell’innovazione non avrà futuro sul mercato». Ultimo passaggio: l’impresa non perde soltanto fatturato per la stretta sulle commesse, ma, a questo punto, vede minacciata anche la sua risorsa più importante, i lavoratori. «Da quando la crisi ha toccato la produzione ed eroso il valore aggiunto che sostiene le nostre aziende, la scure si è abbattuta sull’occupazione –riferisce Ignazio Parrinello, vicepresidente vicario della Bcc–. Negli ultimi due anni nei Tribunali di Varese e Busto Arsizio sono raddoppiate le procedure concorsuali, e lievitate le richieste per la cassa integrazione». Fronte, questo, su cui il territorio si è mosso con buoni tempi di reazione: a febbraio 2009, la Bcc con associazioni di categoria e Camera di Commercio di Varese anticipano la Cigs per cui, attraverso i protocolli sottoscritti dalla Bcc, si sono già esaudite 300 richieste. Ergo 300 famiglie aiutate, quelle dei dipendenti di aziende colpite dalla crisi. Si alza a quel punto anche il grido delle imprese che lamentano la stretta sul credito; un dato di fatto numeri alla mano, ma riferibile più alle grandi banche, perché la Bcc, e il mondo del Credito Cooperativo in generale, non si defila nel momento del bisogno. Aumentano gli impieghi (del 5,6% nel 2010) e, soprattutto, verso le piccole realtà produttive, quelle dalla patrimonializzazione più scarsa, quindi senza più benzina nel serbatoio, con tutti i rischi del caso, però, perché se prestare denaro, di suo, è un mestiere a rischio, figuriamoci in tempo di vacche magre. Morale, anche gli utili delle banche nel 2009, per la prima volta, flettono. Il giro d’orizzonte è completato; ce n’è per tutti. Qualcuno ha alzato bandiera bianca, la maggioranza è ancora in trincea, ma per quanto? «Ho l’impressione che l’economia stia percorrendo ancora una stradina di campagna in cerca del casello per entrare in autostrada e, finalmente, acquistare velocità –dice Scazzosi–, ma quanti chilometri manchino nessuno lo può dire. Io mi sento di insistere sulle necessità di riforme importanti nel mondo bancario e per il sistema produttivo. Senza una svolta in tal senso si prolungherà l’impasse e, con questa, il clima di sfiducia che ci blocca». «La crisi, da noi, è stata pesante –conclude Parrinello–, ma gli imprenditori più avveduti hanno colto l’occasione per ristrutturare. In tutto questo anche la banca ha svolto un ruolo nuovo, di maggiore responsabilità. Siamo diventati, con la nostra vicinanza alle realtà produttive, gestori d’impresa». Questa è la strada; per la ripresa e oltre.

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