Dagli ITS, tecnici iper-specializzati su misura dei bisogni delle imprese

L’offerta formativa garantita dagli istituti tecnici superiori viene ideata su misura con le imprese e punta a risolvere la mancata corrispondenza tra le competenze richieste e quelle possedute dai candidati da assumere. Da noi opera l'ITS INCOM di Busto Arsizio

Oggi parliamo di ITS … mi pare di sentirvi: «l’ennesimo acronimo!», starete dicendo. Vero: ma si tratta di uno di quelli con cui, nei prossimi anni, impareremo sempre più a familiarizzare, perché gli ITS rappresentano una significativa novità nel panorama delle istituzioni scolastiche italiane e sono destinati ad andare a occupare una centralità sempre più rilevante nell’offerta formativa dei nostri ragazzi e, soprattutto, delle prossime generazioni.
Quindi partiamo dal nome: ITS sta per istituto tecnico superiore. Non è una scuola, intesa come percorso di istruzione dell’obbligo, ma non è nemmeno un’università e, secondo il quadro europeo delle qualificazioni, si colloca esattamente tra un diploma di maturità e una laurea. Parliamo, quindi, di un percorso di formazione che consente di coniugare lo studio universitario al lavoro post diploma.
Il risultato che ne scaturisce è la formazione di un tecnico iper-specializzato, pronto a soddisfare perfettamente le necessità che le imprese richiedono. O, meglio ancora, pronto a soddisfare le attuali mancanze in termine di personale del mondo del lavoro, dal momento che mira proprio a formare figure professionali specializzate capaci di rispondere nell’immediato alle richieste delle aziende. E questo è l’aspetto veramente rilevante della nuova offerta formativa garantita dagli ITS.
Negli ultimi anni, a seguito del decreto del 25 gennaio 2008, il ministero dell’Istruzione, università e ricerca ha dato il via libera a ben 104 ITS che sono sorti in Italia. E questo perché da un lato il legislatore ha lavorato per costruire precorsi in coerenza con i sistemi in uso negli altri stati europei, mentre dall’altro le aziende, e in primis le associazioni di categoria degli imprenditori, hanno spinto per la creazione di questa tipologia di corsi di specializzazione. Entrambi i soggetti, come è facile intuire, convergono sull’obiettivo dichiarato di tentare di superare la distorsione atavica italiana che esiste tra le scuole professionali e il mondo del lavoro, e che le normative su stage e alternanza scuola/lavoro sono riusciti solo in piccola parte a “risolvere” (e lo scriviamo tra virgolette perché il gap non è proprio stato colmato).

La particolarità dei corsi che vengono realizzati dai singoli ITS deriva dal fatto che sono strutturati in collaborazione con imprese, università, centri di ricerca e enti locali al fine di sviluppare nuove competenze in aree tecnologiche considerate strategiche per lo sviluppo economico e per la competitività sia del territorio in cui sono insediati sia del sistema Paese nel suo complesso. Si tratta di un obiettivo ben più che interessante e che qui da noi, tra l’Altomilanese e il basso Varesotto, è rappresentato dalla fondazione ITS INCOM (dove il secondo acronimo sta per INformazione e COMunicazione), che dall’aprile 2016 ha sede a Busto Arsizio e che è stata costituita con l’obiettivo di realizzare percorsi formativi di tecnico superiore. «Offriamo formazione post-diploma rivolta ai futuri professionisti dell’informatica e programmazione, reti e infrastrutture, digital marketing, comunicazione multichannel, IoT, industria 4.0 e data science -ci spiega Benedetto Di Rienzo, presidente del consiglio di amministrazione della fondazione-. Collaboriamo quotidianamente con oltre 180 aziende del territorio e favoriamo la crescita degli allievi attraverso esperienze professionali che misurano e migliorano le loro abilità e i loro talenti, con un unico obiettivo: l’inserimento lavorativo qualificato».
Dall’anno formativo 2021/2022, la fondazione ha investito energie per far conoscere alle aziende l’apprendistato, andando a supportarle nella fase iniziale di attivazione del contratto aziendale, con la definizione anche del piano formativo. Nel dettaglio, il candidato prescelto dall’impresa viene assunto all’inizio di un percorso in cui la formazione in aula ha una durata non superiore al 30% dell’impegno, perché la restante parte di formazione viene svolta direttamente in azienda. E con questo metodo si ha un duplice vantaggio: si raggiunge una maggiore integrazione tra formazione e lavoro e si riduce il disallineamento tra domanda e offerta di figure e competenze professionali. Cioè il cosiddetto “skills mismatch”, espressione purtroppo sempre più spesso utilizzata negli ultimi anni per indicare la mancata corrispondenza tra le competenze richieste dalle aziende e quelle effettivamente possedute dai candidati da assumere.
«I percorsi che strutturiamo -prosegue il professor Di Rienzo- rappresentano uno strumento privilegiato di intervento per l’occupazione giovanile, perché sono davvero in grado di fornire ai partecipanti competenze di elevato livello di specializzazione immediatamente spendibili nel mondo del lavoro e perché per le imprese rappresentano una concreta risposta al loro fabbisogno di figure specializzate. E oltre all’integrazione tra mondo della formazione e imprese, il maggior vantaggio per le aziende è la possibilità sia di co-progettare i percorsi formativi sui propri specifici fabbisogni professionali sia di formare direttamente le risorse, dal momento che il 90% dei corsi è tenuto proprio da dipendenti dell’azienda stessa».
S.M.

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