Fra le tante previsioni economiche con cui si prova a scrutare l’orizzonte e a indovinare il mondo post crisi, settimane fa qualcuno ha detto che, stante la situazione attuale, o scoppia tutto o, se qualcosa dovrà restare, resterà la diversità, ossia un modello diverso per lo sviluppo e la crescita. Un modello diverso da quella finanza che ha creato la crisi, perché la finanza ci sarà comunque. Luigi Zingales è stato chiaro al proposito: mettiamo regole, ma non buttiamo tutto a mare, perché la finanza non è fatta tutta di speculatori e di furbi; esiste e sempre più dovrà esistere una finanza non autoreferenziale, una finanza cioè al servizio dell’economia reale. Di quella finanza che della globalizzazione rappresenta l’aspetto peggiore proviamo su questo numero della Voce a fornire alcuni esempi, a ricordare episodi che si sono consumati sia all’estero sia in Italia, ma non per fermarci all’analisi o alla critica. A questi fatti vogliamo contrapporre una proposta radicalmente diversa formulata in alcuni principi, quelli in cui crediamo e che attuiamo nel nostro lavoro di banca locale di credito cooperativo: i dieci punti della Carta della finanza libera, forte e democratica, pubblicati a tutta pagina su diversi quotidiani nazionali all’inizio di luglio. Questo è il nostro modo di essere diversi, questo il modello alternativo alla macrofinanza che, come Kronos, ha divorato i suoi figli. Attraverso questi dieci punti vogliamo definirci; lo facciamo per contrapposizione ai comportamenti altrui, quelli che hanno mandato sul lastrico i risparmiatori, fatto perdere milioni di posti di lavoro, precipitato il mondo in una crisi senza precedenti e che pare non aver fine. Per questa ragione riteniamo necessaria un’azione di educazione finanziaria, mostrare i comportamenti di alcuni grandi attori internazionali del credito per invitare i risparmiatori a qualche considerazione e a farsi qualche domanda: a chi sto dando i miei soldi? Dove andranno a finire? La scelta di affidare i propri soldi è una questione di fiducia, ed è questo il fattore che, forse anche comprensibilmente, è venuto a mancare dopo le scottature rimediate negli ultimi anni. Ma attenzione: non tutti i soggetti del credito si sono comportati allo stesso modo. Chi ci conosce lo sa e lo sa perché ha la possibilità di conoscerci, perché siamo persone e non entità astratte che lavorano vicino a dove lui lavora e vive. Abbiamo un nome, abbiamo un volto, abbiamo delle idee per questo territorio, le sue imprese e le sue famiglie; idee che siamo pronti a discutere in ogni momento parlando il linguaggio comune delle persone. Su queste pagine richiamiamo il concetto di “km zero”, per sottolineare la prossimità, la vicinanza non soltanto fisica, ma di intenti e di riferimenti comuni. Siamo qui, non soltanto con i nostri sportelli; siamo qui con la governance della banca, quella che decide come amministrare un istituto con oltre 100 anni di storia alle spalle. Una storia sempre scritta da persone che qui, e non altrove, avevano i propri interessi. È a questo livello, quello locale, il nostro modello di finanza, da portare avanti con chi ci conosce e con chi vorrà conoscerci. Una finanza non costruita sui derivati, ma sulla fiducia reciproca.