Il credito al tempo della crisi: un macroargomento economico per un territorio ben delimitato, quello in cui opera la nostra Bcc. Il presidente Roberto Scazzosi e il direttore generale della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, questa volta, non hanno aspettato che chiamassero i giornalisti per parlare di crisi sul territorio: li hanno convocati per una chiacchierata a 360° e in cui la regola era, non vale il no comment. Perché, per provare a fare chiarezza sulla crisi, bisogna dirsela tutta; bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di dire quelle cose che tutti sanno, ma che sono rimaste bisbiglio, borbottio, sussurro. Ma a chi giova adesso? Quindi, se non ora quando? Da questa esigenza, affrontare di petto una congiuntura economica senza precedenti, prende il la l’incontro con la stampa del 23 novembre nella sala consiglio della Bcc. Una succinta esposizione da parte di Scazzosi e Barni dello status quo e poi palla ai giornalisti per tutte le domande e le curiosità sull’argomento di questa stagione che non vuole saperne di passare. In apertura l’istantanea del rapporto banca famiglie, presentato da Scazzosi: «Abbiamo registrato un fatto nuovo da qualche mese in qua: anche le famiglie meno giovani hanno cominciato ad avere problemi seri a far fronte alle rate di mutui e finanziamenti accesi 8/10 anni fa, o anche prima. Se un paio d’anni fa il fenomeno era limitato alle giovani coppie o a quei nuclei familiari colpiti da seri problemi occupazionali, adesso il fenomeno si sta generalizzando». È vero: siamo in presenza di percentuali limitate, tra il 2 e il 3%, ma prima erano tendenzialmente zero. Secondo aspetto, il risparmio: «Complessivamente sta diminuendo -prosegue Scazzosi- e lo farà sempre di più. E questo è un effetto diretto della scarsa disponibilità di credito o, meglio, dell’elevato costo del credito. Infatti, oggi, per un privato, ottenere un finanziamento è più costoso di qualche anno fa, con il risultato che le famiglie sono costrette a ricorrere ai risparmi per sostenere spese per cui prima si accendevano finanziamenti». L’erosione di quel patrimonio tipicamente italiano che è il risparmio familiare è cominciata. Terzo aspetto, la confusione del risparmiatore: «Che non sa bene cosa fare -prosegue Scazzosi- fra tentazioni per il tasso elevato del debito sovrano, che però adesso presenta rischi negli anni Ottanta sconosciuti, e la consapevolezza crescente dell’importanza di mantenere il capitale». Ed è da qui che nasce l’interesse del risparmiatore per i prestiti obbligazionari delle banche e verso il “conto deposito” e la battaglia che si è scatenata fra le banche per la raccolta. Una sfida raccolta dalla Bcc e giocata su un doppio fronte: la tranquillità del risparmiatore e la necessità della benzina per l’economia, le risorse da impiegare sul territorio. «Oggi la tranquillità il risparmiatore deve cercarla informandosi -spiega Barni-; i giornali economici pubblicano tabelle non tecniche per orientarsi meglio fra tassi e rischi. Questo per i prodotti, ma -aggiungo io- fare la massima attenzione anche alla scelta della banca. Come si può pensare di uscire dalla crisi se il denaro raccolto da un istituto di credito non è impiegato in Italia? Ci sono banche che in Italia si limitano a raccogliere con rendimenti molto allettanti, ma che all’Italia non restituiscono nulla. Ai risparmiatori dico: portate i soldi alla banca che volete, ma che questi restino in Italia». È una difficoltà, quella della concorrenza bancaria che prende soldi senza ridistribuirli, che si somma e che aggrava la situazione del credito italiano. «Se la raccolta sconta il rischio del Paese, quindi deve avvenire con rendimenti alti per essere concorrenziale -nota Barni-, per gli impieghi accade il contrario, quindi le banche scontano i tassi bassissimi. È una situazione che non può durare senza creare sconquassi; serve un riequilibrio». L’altro versante del credito, il nervo veramente scoperto del sistema, è quello delle imprese. E del resto come potrebbe essere diversamente se da gennaio a settembre in Italia ne sono fallite oltre 8mila 500? «È un tema per noi sensibile, visto che al mondo del Credito Cooperativo è stato da più parti riconosciuto di essere stati gli ultimi a togliere le mani dal fuoco -dice Scazzosi-, cioè di non avere abbassato gli impieghi. E questo, in un momento di crisi, quindi di maggior rischio, significa risentire della situazione dell’economia locale. Se questa soffre, noi soffriamo di conseguenza». Qualche numero: nel penultimo triennio la nostra Bcc ha avuto utili per 18 milioni di euro e rettifiche di valore per 3 -3,5 milioni; negli ultimi tre anni l’utile si è abbassato a 7 milioni, anche a causa di 17 – 18 milioni di rettifiche. Da ricordare che per una banca locale il fallimento di un’azienda è ancor più pesante che per una banca nazionale; non per patrimonio o solidità, ma per il rispetto dei principi di sana e prudente gestione. «Se aumentano le sofferenze, cioè i prestiti che non torneranno mai indietro o lo faranno in modo molto limitato a distanza di anni, a quel punto siamo costretti anche noi a “togliere le mani dal fuoco” -nota Scazzosi-. O, comunque, a tenerci lontani, che significa rallentare la disponibilità del credito». Infatti, l’utile che la Bcc ha sempre fatto e che ha impiegato sul territorio, in queste condizioni, serve ad ammortizzare le perdite sui crediti. Effetti della crisi? Certo, ma non solo, perché c’è anche chi, nella difficoltà fa il gioco sporco. «Una cosa è se l’azienda è in crisi per la situazione economica generale, tutt’altro è se l’azienda utilizza in modo improprio la legge fallimentare, chiede il concordato, affitta il ramo d’azienda con tanti saluti a banche e fornitori -puntualizza Barni-. Questo è un gioco che non si deve fare perché le sue conseguenze colpiscono gli operatori economici più onesti e virtuosi. Non solo: questo meccanismo non può nemmeno durare a lungo, perché se le risorse non sono mai illimitate, in questo momento, sono più ridotte del solito». Non che la disonestà sia nata con la crisi, ma se in precedenza questi erano casi isolati, bisogna evitare che i comportamenti anomali diventino una regola. «Le banche sono impotenti di fronte a questo stato di cose -sottolinea Scazzosi-; sino al 2007 la legge fallimentare imponeva un 40% da garantire ai creditori, adesso si arriva a recuperare percentuali irrisorie». E il risultato è aggravare la crisi, perché se qualcuno non paga quanto deve, al suo posto lo devono fare altri. Ma c’è dell’altro che la Bcc ha voluto mettere sotto la lente d’ingrandimento: il ricorso abusivo al credito, ossia le aziende che emettono fatture false per ricevere finanziamenti dalle banche. «Si tratta di un comportamento anomalo rispetto al quale finalmente i giudici cominciano a voler fare approfondimenti -continua Scazzosi-, tanto che la Procura della Repubblica di Milano ha già rinviato a giudizio alcuni imprenditori. È un segnale importante, ma siamo convinti serva ben altro: mettere mano alle normative perché questi comportamenti siano sanzionati in modo ben più incisivo. Una punizione esemplare è un deterrente per scongiurare comportamenti anomali». L’appello deve salire molto in alto perché abbia effetto, ma la sensibilità in materia va diffondendosi. Anche perché i comportamenti anomali, che restano una minoranza, causano danno a tutto il sistema economico, soprattutto a quello sano e onesto. Un esempio per tutti: «La Bcc ha dovuto approvare una manovra, ossia un aumento delle commissioni bancarie non per aumentare la redditività, ma per coprire le perdite», dice Barni. Cosa fare quindi? «Serve un’assunzione di responsabilità da parte di tutto il sistema -continua Barni-; tutti dobbiamo fare la nostra parte. Noi, dando al territorio tutto quello che raccogliamo, come testimonia l’ultima semestrale, lo facciamo. E riusciremo a chiudere il 2011 sui livelli del 2010, con un utile intorno al milione di euro». L’invito è a tutti gli altri attori del territorio: un passo avanti per sfidare la crisi con i fatti, come è stato per i progetti Univa Bond e Merito Casa. La Bcc è sempre disponibile e alla ricerca di soluzioni insieme con la associazioni di categoria. «Siamo disponibili, nonostante tutte le difficoltà, a continuare a fare la nostra parte per tutto il 2012 a favore del territorio», chiosa Scazzosi. La sfida è lanciata, la stampa presente all’incontro è stata la prima a raccoglierla per rilanciarla all’opinione pubblica.