Aguardare oggi i numeri di Microfusione Europea (ex Rimoldi Microfusione), piccola azienda di Olcella specializzata in componenti in ferro-silicio di altissimo livello, si fa fatica a credere che solo qualche anno fa questa realtà rischiasse di sparire, trascinata nel baratro in cui stava finendo la controllante Rimoldi-Necchi. I quindici dipendenti ci sono ancora tutti, e sono gli stessi che hanno preso in mano l’azienda nel marzo 2004, quando è stato proposto il piano che ha salvato la società tramite la stipula di un fitto d’azienda. Il fatturato dello scorso anno è stato di 1.750.000 euro, i bilanci 2004 e 2005 si sono chiusi in attivo, e le previsioni per il consuntivo 2006 “sono buone”. Non hanno abbandonato la nave neanche i clienti, e infatti Microfusione Europea continua a fare affari con Audi, Lamborghini, Ferrari, oltre a essere fornitrice di clienti fuori dai confini nazionali, Svizzera e Germania in particolare. A tre anni dalla vicenda che ha rischiato di affossare questa realtà, si può dire che i problemi che quotidianamente affronta Microfusione Europea sono quelli della normale gestione di un’azienda, e che riguardano l’imprenditoria in generale: concorrenza, aumento dei prezzi delle materie prime. Il capitolo crisi, insomma, può dirsi chiuso. In tutta questa vicenda un ruolo fondamentale è stato giocato da alcuni enti e istituzioni, quali la nostra Bcc, Confartigianato Altomilanese e la Provincia di Milano. «È stata certamente un’esperienza positiva quella in cui ci siamo imbarcati qualche anno fa -dichiara Lidio Clementi, nominato recentemente presidente del nostro Credito Cooperativo, che ha seguito, da molto vicino, lo sviluppo della trattativa-. Sia come Consiglio di Amministrazione sia come direzione generale, siamo sem- pre stati molto sensibili a progetti di salvaguardia di realtà di riferimento del nostro territorio. Nel caso di Olcella, era coinvolta un’azienda di piccole dimensioni, ma di eccellenza indiscussa nel settore dell’alta tecno- logia». Rimoldi-Necchi è messa in liquidazione alla fine del 2002. Questo creò grossi guai alla controllata, Rimoldi Microfusione, per la quale gli ordini della controllante costituivano il 20% del fatturato. Ordini che di fatto non sono mai stati liquidati, e per la riscossione dei quali è tuttora in corso una vertenza. Il momento decisivo della crisi avveniva a cavallo tra il 2003 e il 2004, quando il futuro dell’azienda era ancora appeso a un filo. Nel marzo 2003, grazie a Confartigianato Altomilanese, si procedette all’analisi dei dati contabili, che mostravano un’azienda in forte esposizione debitoria, a causa esclusivamente della controllante Rimoldi-Necchi, ma al tempo stesso in grado di riposizionarsi sul mercato e di produrre reddito per l’alta valenza professionale e specialistica dei dipendenti. Le problematiche emersero quindi fondamentalmente confinate a questioni di liquidità, nonché a tutta una serie di interconnessioni che legavano controllante e controllata, che avevano sempre lavorato a stretto contatto in modo sinergico, legami che vennero a mancare improvvisamente. Grazie al presidente del collegio sindacale, Vincenzo Romeo, al Patto Territoriale di Legnano e agli artigiani dell’Altomilanese -che si sono posti come interlocutori tra dipendenti e proprietà- si scongiurò la possibilità di un acquisto di Microfusione Europea da parte della consociata italiana di un gruppo straniero, interessata ad acquisire il know-how dell’azienda, il magazzino e il parco clienti. Romeo riuscì a ottenere dalla proprietà un parere positivo di massima circa una proposta che consentisse l’affitto dell’azienda, per tre anni, alla costituenda società formata dai dipendenti. Siamo alla chiave di volta che porterà alla nascita di Microfusione Europea Srl. Viene elaborato un business plan e proposto al mondo delle banche. La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate aderisce all’iniziativa, garantendo un sostegno finanziario di 10mila euro come fondo cassa, oltre a un affidamento di 150mila euro (poi incrementati a 180mila), nella forma di un anticipo nel pagamento delle fatture emesse verso i clienti. Insieme a questo contributo arriva quello della Provincia di Milano, che eroga 37.500 euro nel marzo 2004. Il giorno 25 dello stesso mese arriva la firma che dà vita alla nuova società, costituita dai dipendenti, che complessivamente apportano ulteriori 60mila euro come capitale sociale. Il fitto d’azienda è stipulato il 3 agosto, con effetto dal 6 settembre e durata triennale. Per quanto riguarda Rimoldi-Necchi, non ci fu via di scampo dal fallimento, dichiarato nel dicembre 2003. Per gli oltre 250 dipendenti lo stipendio ha smesso di essere erogato fin dal novembre 2002, quando ancora il ministero del Lavoro non aveva concesso il provvedimento di cassa integrazione. «Gli anni bui sono ormai alle nostre spalle –dichiara il direttore responsabile di Microfusione Europea, Maurizio Tamburini-. I nostri numeri sono quelli di un’azienda in buona salute. I primi quattro mesi della nostra gestione (da settembre a dicembre 2004) si sono chiusi con un utile di oltre 13mila euro. A fine 2005, il risultato d’esercizio si presenta ancora di segno positivo: l’utile ammonta a 46.560 euro. Sul 2006 i dati attualmente disponibili si riferiscono al periodo gennaio-settembre, e anche qui c’è un avanzo d’esercizio di 29.796 euro che sarà sicuramente confermato dal bilancio definitivo». Sul futuro di Microfusione il direttore è parco di parole, ma certo la fiducia traspare: «Difficile fare previsioni a medio-lungo termine. Abbiamo provato sulla nostra pelle quanto l’imprevisto sia sempre dietro l’angolo. C’è da dire comunque che l’andamento congiunturale è positivo, per noi come per gli altri operatori del settore». Obiettivo fondamentale per il futuro sarà l’allargamento del parco clienti: «Ci stiamo muovendo per creare una rete di contatti nel mercato europeo. In questo senso si colloca la strategia di miglioramento della qualità del prodotto finale, che stiamo portando avanti insieme con quella per l’ottenimento della certificazione Iso 9001, prevista entro la prossima estate».
Viaggio nella fabbrica di Olcella a tre anni dalla microfusione